venerdì 12 febbraio 2010

Se l'adozione fallisce

Perché una madre supera anni ed anni di test e colloqui e poi non riesce a tollerare l'arrivo del figlio adottivo? (di Flavia Amabile)
E’ possibile che dopo anni di colloqui, prove, test, una madre che ha tanto desiderato adottare un figlio lo riduca in fin di vita? E se è possibile vuol dire che la macchinosa e complessa macchina delle adozioni internazionali presenta una falla, ma dove? Marco Griffini, presidente dell’Aibi, associazione degli Amici dei Bambini non ha dubbi: «C’è un vuoto legislativo».
Eppure nelle fasi iniziali delle adozioni le coppie devono sottoporsi anche a otto-nove colloqui da parte dei servizi sociali poi - se tutto va bene - inizia la formazione da parte degli enti autorizzati. Non sembra esserci alcun vuoto. E invece i problemi iniziano dopo. «Quando si torna a casa con il bambino - spiega Griffini - sembra che tutto sia andato bene, che i momenti peggiori siano terminati e invece la parte più difficile inizia proprio in quel momento. La selezione avviene in modo molto accurato, quando il bambino arriva a casa però le coppie vengono lasciate sole. La legge non prevede l’obbligo di accompagnamento nella fase di inserimento nella famiglia, soltanto la possibilità di farlo nel caso in cui lo si chieda. Ma è proprio chi non lo chiede in genere ad aver bisogno di aiuto».

In quale lingua parlano i bambini?

Appena nati già sanno parlare la loro lingua materna: sono solamente versi, pianti e gridolini, ma nella perfetta cadenza che da tre mesi ascoltano dal mondo esterno... (4 gennaio 2010)


Uno studio condotto su di una sessantina di neonati francesi e tedeschi ha confermato quello che ogni mamma "sa": negli ultimi tre mesi di gravidanza il nascituro è attento e sensibile a ogni stimolo acustico. Memorizza i profili melodici della voce della mamma, per esempio, imparando a riconoscerla e preferendola alla voce di chiunque altro, e questa capacità fa sì che a tre-quattro giorni dalla nascita sappia già parlare la sua "lingua materna". A modo suo, naturalmente: con versi, strilli o pianti che tuttavia sono ben impostati con l'intonazione tipica della lingua parlata dalla mamma. E, in modo assolutamente complementare, quell'insieme di versi senza senso e variamente modulati che le mamme usano per parlare con i loro bimbi (e che li rende tanto felici) sembra così guadagnare una sua giustificazione scientifica.

Grigio come la depressione

Rispetto ai soggetti sani, quelli depressi preferiscono lo stesso colore, il blu, ma si differenziano per il colore che descrive lo stato d'animo momentaneo


Il grigio sembra proprio essere il colore della depressione, stando ad una ricerca i cui risultati sono ora pubblicati sulla rivista ad accesso libero BMC Medical Research Methodology.
Il singolare studio si è svolto per iniziativa di Peter Whorwell, docente di medicina presso lo University Hospital of South Manchester, in collaborazione con l'Università di Manchester, nel Regno Unito, che ha ideato una "ruota dei colori", uno strumento che permette di scegleire un colore in risposta ad una domanda.
"I colori sono utilizzati frequentemente per descrivere le emozioni, basti pensare ad espressioni idiomatiche come 'nero di rabbia' o 'verde d'invidia', ha spiegato Whorwell. "Tuttavia l'argomento non è mai stato affrontato con serie ricerce scientifiche, ed è rimasto confinato nell'aneddotica".